ALBANIA
Tirana, in piazza nel ricordo delle vittime
L'opposizione vince la sua battaglia
In migliaia al corteo pacifico per deporre fiori e candele nel luogo dove una settimana fa sono stati uccisi tre partecipanti alla protesta anti Berisha. Il palazzo del primo ministro difeso da poliziotti e Guardia repubblicana. In corso un'indagine per stabilire la responsabilità degli spari
dal nostro inviato DANIELE MASTROGIACOMO TIRANA - L'opposizione socialista vince la sua battaglia in Albania e domina la scena politica trascinando in piazza 100 mila persone con una manifestazione pacifica, compatta e silenziosa. Anche i timori della vigilia che spingevano la polizia a evocare l'incubo di nuovi incidenti sono stati smentiti. Per un paio d'ore la parte del paese che da un anno e mezzo contesta la politica sociale ed economica del premier Sali Berisha, alla guida di una colazione di centrodestra, si è stretta attorno ad una ventina di parenti delle tre vittime, uccise dai soldati della Guardia repubblicana venerdì 20 gennaio durante i violenti scontri 1 tra i manifestanti e le forze dell'ordine.GUARDA La cronaca della manifestazione 2
Avvolti da un silenzio carico di tensione, ma soprattutto di dolore, una folla di uomini e donne, di vecchi e di bambini, si è radunata davanti alla sede del Partito socialista. Sono stati distribuiti fiori e candele, assieme a nastrini listati a lutto che la gente si è stretta sul braccio. Avvolto dalle note del Lago dei Cigni di Tchaikovsky e del Requiem di Mozart il corteo si è mosso nel massimo silenzio. Non c'erano stendardi, bandiere, striscioni e cartelli. Solo le foto delle tre vittime - tre uomini - incorniciate e portate a braccio da due ragazze e un ragazzo. Dietro, formando un lungo serpentone che si è snodato per il centro della città, seguivano i parlamentari dell'opposizione, artisti, attori, registi, intellettuali, militanti socialisti, semplici cittadini. Per ossequiare le tre vittime si è fermata l'intera Tirana. I negozi hanno chiuso i battenti, il traffico è scomparso; la gente rimasta a casa per timore di nuovi scontri, ha osservato emozionata dalle finestre. Nonostante un fastidioso piovisco e un freddo pungente, gli albanesi non hanno voluto rinunciare a quello che consideravano comunque, al di là delle posizioni politiche, una loro giornata: una grande prova di forza che riflettesse su una crisi provocata da una paralisi politica da diciotto mesi senza sbocchi.
Edi Rama, leader del partito socialista e sindaco di Tirana, ha preso parte al corteo nel momento più delicato: il passaggio a pochi metri dal palazzo del primo ministro, difeso da duemila poliziotti in tenuta antisommossa, una cinquantina di soldati della Guardia repubblicana, un doppio rotolo di filo spinato e cecchini piazzati nei palazzi vicini. La folla ha sostato a lungo davanti al punto dove sono stati uccisi i tre uomini, sommersi da fiori e candele. Tre gigantografie montate su dei pannelli chiudevano il percorso del corteo e lo obbligavano a piegare lungo l'itinerario prestabilito.
Sali Berisha ha scelto il silenzio. Ha osservato la manifestazione trasmessa in diretta tv dallo studio posto al secondo piano del palazzo che veniva sfiorato dalla massa di manifestanti. Non ci sono state grida, reazioni di rabbia, gesti istintivi che avrebbero potruto provocare la reazione della polizia e dell'esercito. L'opposizione ha dimostrato una maturità politica forse nel suo momento più difficile. Ha mantenuto l'appuntamento, nonostante gli appelli della comunità internazionale a revocarlo, e si è proposta come nuova guida del paese.
Avvolta dalla musica struggente che scandiva la commemorazione funebre, la gente ha baciato, toccato, salutato le foto delle vittime e si è sciolta in un grande abbraccio virtuale. Ma è solo una delle tante tappe di una battaglia che proseguirà nei prossimi giorni. Ci sono tre morti che chiedono giustizia. C'è un'indagine in corso per stabilire le responsabilità degli spari, ci sono sei mandati di cattura nei confronti del vertice della Guardia repubblicana ancora da eseguire. Ci sono un milione di disoccupati e vaste sacche di povertà che premono su un governo votato dalla maggioranza ma ormai sostenuto solo dalla minoranza degli albanesi.
(28 gennaio 2011)
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